Domenica pomeriggio
Giungiamo al porto nel primo pomeriggio, ci accoglie un’aria fresca di mare, il vento lo sento tra i capelli e scorrere sul viso come una carezza. Noi, tre amiche, ci accingiamo al passeggio domenicale, discorrendo delle nostre vicende quotidiane, ridendo, anche un po’ forzatamente, dei nostri affanni e degli inganni lusinghieri di questo nostro vivere modesto e un po’ monotono; mentre su, nel cielo, stormi di rondini, impegnate in una danza agile e precisa, disegnano ovali, cerchi e cuori per la gioia del mio bambino che, col dito e il naso in su, segue quell’ondeggiare senza posa. Giungono altri amici, una coppia con problemi seri, loro: non possono aver figli e sono già pronti per un’adozione. Sono con noi e non mostrano disperazione, guardano mio figlio compiaciuti, si complimentano, sorridono. E si passeggia, senza aver troppi pensieri, sull’incessante chiaccherio, sul nostro continuo mormorare di cose inutili. E l’attenzione sfugge. A casa ho dipinto sul mio viso il ritratto della bella signora colorandomi gli occhi le guance e le labbra e adesso porto in giro questo manufatto sperando che qualcuno lo contempli, vi presti un interesse. Scorrono i visi al mio fianco e di questi guardo gli occhi che sono lo specchio della mia vanità. Spero di vedermi riflessa in essi avvolta da un desiderio vischioso, e spero che mi agguantino questi occhi sconosciuti: più la presa è forte, più mi sento viva. L’immagine di me la vedo dentro gli occhi di un uomo di passaggio. E ritorniamo al porto, ormai non c’è chiarore, la sera è giunta con la sua frescura. Nell’anima un’irrequietezza senza scopo, un senso di vuoto, un amore mai nato.