Dopogiorno

Sono le onde a gracchiare i sassi nodi contrappesi tra le mani.
È un tutto soffocato al dopogiorno che si dibatte e mugugna
il pianto delle dighe scialli a cui fugge il vento che gemella il mare.

Declinano nel loro precipizio le frecce raggi assottigliate luci
da far pariglia ai ceri in chiesa all’arsura anima nei nostri rosari.

Vapore la gola in preghiera sopra una veletta e un basco levato
e la fatica in prosa d’una lode a memoria gira l’angolo si spiega.

È corta quanto il buio di indubbio palcoscenico una sera a teatro.
Da una parte e dall’altra.