Due Cento cinquantacinque
E' puntuale il mio amore, diranno che ha
fiuto per il feretro, la veglia, la stiva.
Alla mia carne, a dosi alterne, inietta
il morso di una cagnetta che abbaia
con il suo stomaco, mi adorna la gola
con il piumaggio di una fenice che farà
il mio malanno più breve. Lui conosce la
posologia del rimedio, quanti scanni e candele
fanno il miracolo. E' puntuale il mio amore, lui
odia il rumore, la voce che s'alza: non bussa,
solo lui entra, non chiede permesso chi ha
le chiavi e l'ingresso. La ghiandaia ha già
intatto il nido, le rondini, suonato il tramonto,
ripassano il volo. Ecco, adesso credo mi tocchi,
adesso lui viene a farmi nuova, mi trova un piede
dritto, un nome, una casa. Io gli terrò in caldo il cuore, che
mangi e si sazi, non resti niente di più nel piatto che un osso,
la bianca reliquia non parlerà la mia consunzione.