Due Cento cinquantanove
Non sono salvabile, smetti di pigiarmi sul cuore:
il mosto è arreso, raggrumato il tranello da qualche
parte là sotto. Non vedi? Sanguino nuovamente, sono
puntuale al mio martirio, recisa nel luogo giusto, ad
un albero appesi i miei polsi, la vela staccata come
una retina anziana, offro da bere a profusione la
mia siccità. Uno stoppino! Ecco cosa dovrai
regalarmi! Che orchestri una pira ed uccida
la donna mostruosa che è in me, dalla coda
di aliante e dalla barba di muschio. Nessuna
trasfusione per la mia mancanza: aria e più
aria si aduna nelle mie vene, non devo nutrire
che il mio disimpegno, la sciatta resistanza
a questa rotta bacata, una mela intarsiata dalla
folle maestria del verme che, trovato il torsolo,
pensa alla prua e ricomincia la danza.