Due Cento cinquantaquattro
Che se un giorno maledetto, verrai via da me, e
non con estrazione di spina, ma con furia di strappo,
voglio che resti vistosa lungo la mia schiena la cucitura
malconcia, la porta della tua impazienza, non mi scuserò
con toppe o rammendi, ogni mio strato di pelle sarà
ragguaglio del tuo scenario. Voglio che chiunque,
incontrandomi, sappia la durata del mare, la foggia
dei graffi,il foro d'ingresso e d'uscita dove hai tenuto
il discorso al mio cuore, un sordo accecato dai rumori.
Non forzerò smorfie o pieghe per fingermi sana, della
misura esatta, voglio pulsare del vuoto, mostrare
la cava da cui sei uscito, farne una grotta dal groppo
in gola. Dire alle vite che incrocerò che questa è la
fune da cui scivolano presto i codardi quando la
felicità gli propone un'ultima cordata e loro,
annusando invano la salvezza altrove,
trasformano in cappio la fuga.