Due Cento cinquantasei
Portami via di sera: il giorno non sa
tenere il segreto, una pettegola non conosce
silenzio. Non urtare niente, che niente, sfiorato,
dica dolore, la notte prenderà fuoco con la
luna appiccata al cammino. Io credo che muoia
più gente di giorno, certo è un mio parere se
sulle terrazze le lenzuola sono stese a dire le
trame del sole. La sera, invece, ha il passo
di chi ha già finito da tempo la cena o la vita,
il tintinnio senza battaglio della forchetta
appoggiata al piatto, la portata è spenta,
vuota la voce della donna che traghetta
la fame delle sedie alla cucina. Si, vieni
di sera, con il rosso delle suole affacciate
sui campi. Prendimi la mano trovandola
in mezzo alla folla, fai una falla con il tuo
abbraccio: annegheranno di stupore i
saccenti , volteranno lo sguardo sentendo
incredibile il furto, ci vedranno scorrere via,
recisa la vena che sembrava più turgida al tatto.
Adesso possiamo sanguinare felici: non troveranno
mai il coagulante corrispondente, un tempone,
ma forse si, un tafano. Che ronzi.
Che ronzi. Con la nostra benedizione.