Due Cento cinquantuno
Io sono di quelle che non sanno stelle, che fanno tardi
alla folla e presto alla solitudine, aria ai buchi, cancello
al mare. Ma tu mi vuoi forse per questo, per come mi cucio
cruda alla tua vita,cintura e lucchetto, impunture impunite,
non c'è legge che tuteli la preda, sono barella e frattura, flebo di flebile sostanza,
inferma ed infermiera. O forse mi vuoi perchè sono caduta
già stesa ed alzata fra i giganti. Io so perchè ti voglio:
perchè se ho falle è per permetterti
ingresso e sutura, di imbucarti al mio respiro,
festeggeremo intatti. Altro non ho che la
ferita a cui corrisponde, gemella, la taglia
con cui catturarti: io sono l'indirizzo del
vaglia con cui pagare il passato, un lasciapassare
di carne, il passaporto di nuove fermate.
Un sentimento a premi.