Due Cento diciannove
Sono un buco, se mi dai qualcosa,
dici subito dopo che è persa, se hai
coordinate speciali, mi eviti: dentro di me
si affolla un variopinto e curioso orfanotrofio
di oggetti a cui morirono le mani sbadate.
Intorno possono crescermi aureole di fiori
e balde fontane, stagioni a falda larga, ma
un buio è il mio stomaco, folle imbuto e
geloso.Io stessa mi spavento di come
ho inghiottito occasioni e candele, plotoni
di carezze ancora ruvide sulla pelle in
campagna di pubertà, tre nomi ed un amore.
Più volte ho provato a guardarmi là dentro,
cercando la posa degli smarriti, ma sono solo
una soffitta girata verso l'inferno, di alto ho solo
lo sguardo, di grande la fama della ragnatela
che aspetta mimetizzata le prime luci dell'ala
a favore d'inganno. Si, sono un buco, tutto ciò
che mi offri è mio per sempre, non restituisco,
contraccambio con un occhio che non si chiude,
non faccio sorprese. Ho l'ingordigia di tutti i vuoti,
sacchi di cose scivolate via dagli altri, pozzi
divenute pance ma senza merito.