Due Cento diciotto
Volevo comprare un po' di felicità nel giorno delle offerte,
alle grucce del paese non rimanevano che sensazioni
già indossate, e tutte di taglie più grandi. Ti ho visto a fine
percorso, il tuo indizio spuntava dietro la magagna
degli amori venduti come freschi ma che hanno
bacature da intoppi, da trasporto, da cadute.
Invece il tuo cuore, pur passato tra diverse incaute
mani, si mostrava con la sfacciata gioventù della
primizia in una cassetta dai contorni sospetti,
un'incubatrice ad una sola porzione che ne sanava
le piaghe da gestazione mai avvenuta. Chiamava
a gran voce e con intervalli regolari la finta disattenzione
delle clienti da mercato, avvolte nell'ansia di un letto
da riempire. Sul piazzale pendeva la bugiarda mattina
dei migliori banditori, la folla dei sorrisi scontati, due
al prezzo di uno, ed un'acida poltiglia di trattative
non consumate che maceravano sotto il sole,
scartate come figlie storpie dalle sane, bucce dal
succo, ossa dalla polpa.Noi ci siamo guardati
senza scommettere che tu saresti stato il
nome del mio acquisto ed io la casa in
cui infilarti.Eppure non rimangono più
tracce del tuo giaciglio sul bancone, o del
tuo numero: solo uno schizzo del tuo odore
largo quanto una via di santuario a cui
alcuni vanno in visita ricordando
la forma di quell'affare.
un letto.