Due Cento novantasette

Quando ho incontrato il tuo nome, era
tutto impettito, un dorso di piccione appena
caldo di volo, un attenti di piume.
Eppure in quella bandiera spiegata  a dire
la tua meraviglia, ho sentito il sapore del
mio primo cavallo a dondolo. Quell'arnese
poco colorato e severo se ne stava come un
ago al centro del salotto, intorno le ore
damascate dei divani, le gambe spuntite
di mia nonna e la voce di una zia. Tutti
gettavano scommesse come dadi sul
mio divertimento,io sola lo accarezzavo
cercandone la carne: mi piaceva la
parentesi della criniera, la sella per paravento,
il nodo di plastica sotto la pancia,  una chiesa 
sconsacrata, il nitrito giocattolo.
Quando ti ho detto, io ho sentito quella stanza.
Allora mi sono chiesta se  mi stavi già cucito
dentro, un bottone di riserva, generosa dotazione
della  giacca più  nuova, scorta di un  sarto previdente.
Se mai mi fossi trovata sola e spalancata
al mondo infreddolita, tu saresti stato là, a rimboccarmi.