Due Cento ottantanove
Ci sono tempi tecnici: un palazzo
vagisce scrollando alla luce le
fondamente ma tu vorresti già
sgranchirne le finestre, hai
appena innestato nell'ingranaggio
della terra la marcia nera del seme
e vorresti prematuramente correre
intorno a piste di frutti.Le dita
zoppicano sulle corde per anni
per poi danzare e tu le chiedi subito
agili a saltare il fosso. Ci sono
tempi tecnici dalla mia carne al fiato:
gli occhi sono appena adusi alle tue mani
eppure già sanno dire se è tuo un respiro
fra cento altri.Ma tu non aspetti e vuoi
che impastino una decisione da
dilettante. Considera questo il nostro
apprendistato, ogni litigio un laboratorio
di arti e giunture: io sono quella seduta
in fondo alla fila, non mi faccio notare,
in genere uso chi mi precede come schermo,
ma ancor prima che entrerai scriverò sulla
mia lavagna la larghezza del tuo cuore
e la taglia dell'abbandono.