Due Cento quarantasette

Di tutto chiediti sempre la morte, che foggia avrà
e quale manto, o quale verga.  Come verrà,
se composta o fulminea, se roca o vermiglia.
Quale mano vorrà stringere per prima e la gamba
a cui toglierà il sentiero, la tratta.
Spesso mangerai dei frutti la polpa senza saperne
la buccia commestibile al pari, rimarrai interdetto
della varietà dei pistilli, dei noccioli, del montacarichi
buio dei rami da cui si affacciano leccornie dai nomi
compositi. Di tutto, però, chiediti sempre la morte, quanto
durano brevi le stagioni e come si alternano passandosi
eleganti testimoni di pioggia, fedi di afa, se firmeranno
per dirsi concluse o appena svezzate. Non pentirti mai
di sentire il bisogno degli occhi che conosci durante
l'ultima cena con il mondo: si, proprio allora, quando
la luce è un sipario calante, una gobba di luna
rovesciata per dispetto.