Due Cento quarantotto
Mi fanno male le mani da quanto ti dico: le dita
sono gabbiani che cercano fama sulla pagina,
uno scoglio senza altezza aperto alla tua corrente.
Sono balaustre da cui mi affaccio a chiamarti,
rododendri dalla foglia acuminata per solleticarti
alla mia direzione, insonne sgambetto.
E sono fascine di notti spente d'amore, per questo
adesso somigliano, bianche, a due bugie che trafficano
in piccoli tafferugli di parole e sulle falangi, in mimetica
di carne calda, prima o poi vedrò spuntare il moccolo
della tua accensione. Perchè tu di tutto questo sei
la fiamma e l'intima azione: una lamella, l'anima
rossa del mio incasso.