Due Cento quindici

La prima volta del nostro assaggio non ti
sono arrivata al cuore: devo essermi fermata
non più giù della tua gola, nell'angolo non ancora
ripulito dalle voci che ti hanno fiutato, dal cordoglio
di femminili brandelli, di bocconi gemmati dal
pasto che sembrava infinito. Ti sono scesa
dentro lentamente, non ho avuto pretesa di
cura, piuttosto la coscienza di una spina
accucciata nella portata facile, come un ago in un
cuscino, una chela in una nube. La mia carne
sarà una delle tue tante reliquie, una sindone
delle tue mosse, una bottiglia in cui si sospetterà
sempre il feto di un messaggio senza mai
scoprirne la mano dell'innesto.