Due Cento settantaquattro
Due mani, quale spreco! Popolazione di
dieci dita che andrebbe sterminata, un'esecuzione
perfetta, a dieci fermarsi, un muro è il tuo palmo a
cui affiggere la solitudine: leggete quanti siamo.
Ho una zolla che va punita ad un vomere disoccupato,
faccia pure capriole nella terra e scavi il solco
buio come le venti a Novembre. Due gambe sono
una burla: spesso incinte della stolida curiosità
che hanno tutti i passanti, poi partoriscono la nuova
distanza per chilometri di doglie, ricusando il nato.
Il giorno è un taglio, si alza giovane, eccitato ed irsuto,
io perdo sangue allora ed il rammendo è tutto nel
tuo ritorno, l'ombra alta e seria coagula
il sole che non voglio.