Due Cento settantasei

Un tempo sapevo scrivere meglio: è stato
quando ti ho toccato. Tu, scrittoio di onesta,
superiore fattura dai cui fianchi zampillavano
inchiostri come sputi leggeri di puttini, dalle
tue braccia veniva  un'antologia di stelle, una
calda mietitura di accenti che facevano la
mia lingua veloce.Dicono la distanza una
musa sempre gravida nelle cui viscere
stazionano versi glabri in questua di una
veste: io invece trovo solo mostri, brandelli
secchi di parole già abusate, adultere stese
sbronze in troppe pagine. La loro verginità
andrebbe rammendata, calata una diga sulla
loro bocca, un levatoio dalla facile ossessione,
risparmiate ad un nuovo amplesso dalla tua
presenza. Vorrei chiamarle pure mentre
mi sfiori senza dire e dici tutto.