Due Cento settantatre
Un mucchietto fumante di parole giù dalla pira
del letto sarà tutto quello che meriterete di me,
la mia cenere ciarlante. Lo tumulerete sotto un
tappeto, come si fa con la polvere disonesta
allo sguardo dell'ospite, non renderete omaggio
agli avanzi della mia scena. Quello sarà lo sfriso
delle mie ossa, ogni lettera una vena e tutte le altre
cose dell'alfabeto firmamenti di tendini, stelle ormai
slacciate, rimasugli asciutti di carne disadattata alla
posa. Un organo qui, un orfano là. Non sarà necessario
sprecare lo zinco, il legno tornerà agli alberi, la pagina
sarà la migliore sepoltura, una bella barella dritta
verso il Creatore, una missiva puntuale. Se spulcerete
bene in quel disavanzo, mi toccherete ancora un giorno,
l'ultimo. Forse capirete che ho scritto solo ciò
che volevo, che tutto il resto è fandonia, che ho
raccontato cento volte come sarei andata
via e voi, annoiati, cento volte vi siete distratti.