Due Cento settantotto
Carne, non inchiostro: questa dovrebbe
essere la mia eredità lasciata con cura
a chi diceva che non sarei durata abbastanza.
Come testamento una culla, non certo una
pagina. Tutti dovrebbero sapere che ho avuto
per nome un punteruolo ai cui lati nessuno
si acconciava sicuro, la paura rende più
avari.Carne, non parentesi, parole, frasi
addobbate da marionette, versi starnazzanti,
ochette dal fine piumaggio, niente di tutto
questo, ma ossa e pelle e due piedi che
somiglino ai miei, ed un neo arrotolato
da qualche parte che ricordi la mia voglia
a sinistra. Il distretto delle mie vene echeggiato
da una postura, una movenza. Questa dovrebbe
essere la mia vecchiaia: non una conta di linee
occupate da letti che chiamano lettere, ma un
pomeriggio seduta intorno ad un tavolo con le
mani sostenute da altre e la notizia che una
custodia ancora giovane porta il mio sangue
in giro per il mondo mentre io mi asciugo.