Due Cento trentadue
La notte è già scorsa: scarsa, scaltra. Una crosta di limone risale da china, pecora gialla che ha per pastore una rete. Mi manca la tua voce andata in giro per il parco a cercare la sua Parca: ma non è tempo di fili, forse neanche di filastrocche. E' il tempo che sta bene addosso ai bugiardi, ai figliastri, alle megere, ai saltimbanchi, ai furfanti, è il tempo delle cose che non ci toccano mai. Allora io, come te, volto gli occhi alla volta e mi chiedo quando verranno giù le piogge che aspetti, quelle che lavano via i disastri e le pupille appiccicose dei brutti ricordi arrivati contromano. Io non so stare da qualche parte senza sapere che busserai per entrare, per vedere dove vesto.Vorrei non smettessi mai di fare il giro che fanno le nubi quando dalla terra si scommette che tuonerà, ed è così facile vincere ma poi una sola, alzando la coda dall'ultima fila, cede, il calamaio si crepa: ed eccolo fuori l'inchiostro che scalda.