Due Cento venti

Verranno stagioni di tiepidi imbarazzi, il ballo in maschera
dei venti sfoggerà nastri di partecipazioni consumate, regali in
disuso confinati su un banco dei premi a cui nessuno vorrà
gareggiare.Io porterò il mio inventario di sperperi venduti
con un sorriso, una borraccia delle ultime gioie, lo zaino
delle convenienze scadute. Da te vorrei una corda
lunga abbastanza da farci una carrucola fra il mio cuore
ed il tuo così che niente che mi sappia, ti sia sconosciuto,
e niente che ti pesi, sia straniero al mio petto.
Verranno cose a cui non sapremo dare nome e
misura, forsennati stormi di giudizi, di perdite, di
sentimenti ravveduti. Ma tu tieni il passo della
mia mano, sai quella conca che si forma quando
viene alle dita il solletico di una parola e sembra
che non si riesca a dire si al sonno se prima non
si lascia sgusciare dai polpastrelli la zampa
implume che fa poesia il parto nero.