Due Cento ventidue
Prima di ogni cosa, mi vuoi?
Perchè volermi non è come saltare la colazione,
timbrare con un dito nel bianco la partecipazione
al peccato, aspettare che asciughi la biancheria, che
dai capelli venga giù il nodo come un pidocchio
che non infesta. Non è fare festa nei giorni
comandati, rassettare il divario, scucire la cruna
dall'ago, mortificare la morte per la sua grottesca,
imprevedibile puntualità. E non è neanche evitare
il guasto, insabbiare la coda, crollare dalla cima,
inguainare il desiderio. Volermi è prendersi cura
dei troppi me che fanno la fila davanti ai miei occhi
scegliendo cosa indossare e come avanzare.Prima o
poi vincerà uno dei tanti , sarà funesto o maldestro,
invincibile o zoppo, furente o rassegnato, viziato
o sconfitto. E tu potresti dire di essere stanco dei tempi
di posa, della giostra dei cambi, potresti dire di averne
voluto un altro, di avergli chiesto di aspettarti mentre
passavi il lucido alle scarpe e di trovarti adesso mano
nella mano di un gorilla, di voler sterzare intuendo la
manovra più giusta. Prima di tutto, mi credi?
Perchè se smetto di farlo io, avrò bisogno di un bilanciere,
di un proiettile che mi uccida l'angoscia, di tre suture larghe
quanto il lago che ne verrà fuori, di stringere qualcosa tra
i denti mentre, con un taglio a vivo, estrarrai
la sagoma che hai finalmente centrato.