Due Cento ventinove

Avevano ragione i monti e le strenne,
le stalle di stelle a favore di mungitura,
la cancrena di nebbia sforzata sul polso
dei campi. Avevano ragione le tegole
e i liquami degli ultimi litigi, dei pianti,
degli annegamenti saltuari di licenze,
di sporgenze, di sogni. Avevano ragione
a guardarmi come un baffo di fango
sul bianco, come un pugno di morte
sul faro: io sono il battibecco fra le
ali, il vento nell'ampolla, il groppo
sul glicine, l'inchiostro nel piatto.
E tutti, potendo, evitano la macchia
ed occhieggiano al buco perchè vada
sul retro e non mostri sfacciato
la carne  e la fame del tarlo.