Due Cento ventisette
Tutto va via da me con la logica leggerezza della porta
che chiude dietro una festa in congedo, liturgia di vassoi ormai
nudi, di voci già offerte e divani sfioriti dalle parole ascoltate.
Che sia un abbraccio, una lettera, un ricordo o un recapito,
tutto da me va via senza lo scrupolo di slabbrare la carne
in cui si è cucito con grande talento e pronta accoglienza, una
tasca interna rimossa con una combinazione di ingegno e
dimenticanza, con uno strappo deciso.Sono la camera occupata
per il tempo di vacanza, fatiscente e spolpata dall'impazienza, a cui
rassetteranno il trucco quando resterà sola. Io raccolgo dettagli
della durata di cura, del modo in cui si attengono alle premesse di
sosta, di attenzione, di impegno.Ma tutto si sfalda, si sfila con la sequenza
brumosa delle foglie tosate dal ramo. Tutto ha una scadenza che nel mio
caso è frettolosa e caduca, la longevità ha quasi sempre altri nomi,
articolati, sfacciati. io sono di quei fuochi che bruciano la fame in fretta.
Io non so trattenere quando è il tempo del taglio ma lascio di vedetta
l'attesa: se qualcuno dimentica un osso, un bottone, una tegola o un filo,
lei sta là, con lo smarrito di fianco. Vigile e speranzosa che,
prima o poi, chiederanno di lei.