Le larve che soffiano in me
nel notturno quietar della vita,
scuotendo il mio incedere lento
dove sono festuca nell'aria,
fan mutare il verbo soave
in un trucido auspicio luttuoso.
I deserti rinvengono e tacciono
dove luce già si posava,
partorendo copiosi germogli
di sembianti parole d’amore.
Il sommesso rifugio dell’onda,
tra le orribili piaghe del tempo,
dove ho letto con flebile voce
l’ansimare di un caldo piacere.
13 gennaio 2006
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