Fiat voluntas Dei

Oggi non sono più il migliore amico,
ma solo un patrigno ed un nemico.
Così mi vedi, figlio mio, purtroppo,
ed io piango con in gola il groppo.
Quand'io morrò e non parlerò più,
allora, forse, ti ricorderai di me,
assiso dietro il tavolo sudato,
su cui la mente mia in gioventù
coi pensieri e con gli affanni, ahimè,
ho per tant'anni con lena logorato.
Or tu non comprendi, ma bontà
c'è in me e tanto affetto,
che mi spinge con difficoltà
a renderti uomo e non abietto.
Or stanco mi sento ed anche affranto,
di tutto mi rimane un gran rimpianto.
In me ho solo te ed un affanno
di lasciarti in eredità un grave danno.
Nel mio cuore c'è tanta amarezza,
in te freddezza e tanta indifferenza,
perché non t'offro della vita una certezza,
la cui assenza produce delinquenza.
Nel mio cuore c'è tanta amarezza,
con cui convivo insieme con tristezza,
perché non t'offro un posto di lavoro,
che per l'uomo è vita e pur decoro;
perché vien meno il soldo giornaliero,
perché ti educo al benfar sincero,
perché non sono compare dei compari,
ovvero spazzola degli abiti talari;
perché il ricatto aborro ed il compromesso,
perché non voglio vederti genuflesso,
perché solo il diritto pratico e t'insegno,
che distingue l'uomo probo dall'indegno,
dall'individuo dal fare scellerato,
che da parassita campa indisturbato.
Quando nascesti mi sentii più forte,
ma poi s'affievolì questa figura,
che non volle nuotar nel mar di fango,
che appesta, ahimè, l'Italia a morte,
che produce tra gli uomini frattura,
mentr'io stanco sul mio scritto piango.
Ricordo ancora tanti bei momenti,
i momenti, in cui, piccolo, dormivi
ed io nella fioca luce ti guardavo,
vedendoti già uomo d'alti intenti.
Un padre oggi non è più tal tra i vivi,
se non s'ammorba nell'appestato favo,
se non si vende ai politicanti
ovvero al basso clero gabbasanti.

Gino Ragusa Di Romano
Dal mio libro ‐ ACCENTI D'AMORE E DI SDEGNO ‐
Pellegrini Editore ‐ Cosenza 2004