Figli di Caino
PrologoTornata alla torre nel freddo pungente della notte, qualcuno di conosciuto. Il silenzio perpetuato. Un lento brindisi, fissandoci. L'acre sapore del sangue fra le labbra, e poi perle lucenti di sangue, fatte cadere sul marmo. ‐ No, fermiamoci, non si può andare oltre.‐ Egli mi chiede se io conosca cosa siano quelle lacrime vermiglie. Diplomatica risposta la mia, di chi immagina cosa sia, ma attende che sia lui ha dirlo. Le città del mondo, piccole e vermiglie, lucenti quasi. Londra, Kiev, Parigi e poi, la sua città e la mia... Basta un suo gesto per far sì che un movimento del mio piede le distrugga. Ed eccole, città, uomini e cose che si sgretolano come sabbia. Tutto è vano dunque, tutto è una mutevole spirale di vita e morte, di buio e luce. Mentre i sogni rimangono. Rimangono nel tempo, fermi e brillanti. Duri ed impossibili. Ed anche egli rimane freddo e immutato, così come i sogni.
Scivola la notte sulla pelle
morbida coltre su di un bianco corpo nudo.
Occhi di giada, labbra vermiglie.
Cinico un sorriso.
Diafane le vostre mani
come frammenti di specchio fra le ombre
si muovono su di me.
Gelido tocco.
Giungerà infine la morte?
Quante delle certezze che come macigni
gravano sul vostro capo mi donarete?
Quanti pensieri? Sogni? Desideri?
Non batte il cuore
Non batte.
E' morto, ma i corpo è vivo.
Attende forse
che la follia distrugga
ogni pensiero razionale
e giunge infine l'estasi dell'abbandono...
Epilogo
...E non riesco a distogliere lo sguardo e non riesco a staccare i pensieri, è lucida la mente, a tratti nebulosa se la sfiora poi, è come i sogni