Il cielo ormai
Cosa c'è di più appuntito di uno spillo
di una spina
della punta di un coltello
il più appuntito?
Qualcuno mi dica cosa c'è
e se non c'è
lo si inventi solo per me
sí da poterlo conficcare
nel ricordo suo di me!
Voglio una punta non banale
non la solita punta che fa un male infernale
bensì un'altra che possa perforare l'incantesimo,
questo convincimento suo
di dover prima uccidere e poi amare
S'egli comprendesse
almeno un rintocco a lutto
di questo mio cuore sconsacrato,
lui sparirebbe come arrivò:
zingaro strale a trafigger le vele di lino
e cesserebbe quindi
di presentarmi il conto
ciclico ‐ingestibile
capriccio suo di me!
Taglierei le mie mani
stia pur certo,
s'anche le trafugasse
dalle tasche del mio eremo
Parlo da sola ma non lo sono...
e tu? Perché ancora qua?
O forse sei sempre stato qui
ad origliarmi il cuore?
Adesso basta, va'!
Ove non v'è il ricordo mio
e dove nulla canta di me
Va'! E dimentica me!
Io son di cielo ormai
e non concedo distrazione alcuna
al disumano mio bisogno
di non sentirti nell'aria
Non un occhio
e tanto meno un lazzo avrai
ché vi è il cielo qua,
per sempre sia e credimi, sarà!
E tu, senza ali né luce
sei solo fulmine spentosi
nel vuoto mio, colmo d'amore