una bonaccia di periferia
suona dai mantici d’autunno
verdemarcio estuario tutte le foglie
a frotte sul tendone
fradicio sgonfio lamentoso
sulla mollezza degli acrobati
reclusi
dai visi di cristalli opachi
e ancora addosso
cere di luce gialla
strette le spalle al freddo
come il salto nel buio
nell’occhio della tigre
che di scarne speranze vive
e spolpa ossa ‐ mai stata fiera
di ogni merito (di chi?)
29 ottobre 2018
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Non c'è spazio vuoto fra questi profumi. Eppure lo cerco, come l'ombra per il sonno.