Il condannato
Come al suon del picchio,
nell’attesa di una condanna,
divora l’imputato
con sguardo giudice fisso;
vede la sua testa scivolar nel secchio,
nell’attimo in cui egli accenna,
una lacrima incolpa il suo passato,
l’animo suo precipita in un abisso;
con le guardie che gli stanno in cerchio,
nel riportarlo in quel letto di manna,
dove tutti l’hanno abbandonato
e con il suo spettacolo affisso.
L’ultimo desiderio del condannato,
prima dell’avversa sera,
viene nella società civile rispettato,
confessandosi ad un prete con una preghiera,
rivolgendo a lui il suo peccato
e un’assoluzione per quel che era.
E’ l’ora gente,
ammirate lo spettacolo,
per passare una nottata
con una simpatica risata,
guardate quel perdente,
esultate quando la testa cadrà dal patibolo,
applaudite la morte amata
e ringraziatela di questa serata.
Il condannato,
legato da nemico,
attraversava il corridoio,
dai galeotti il nome suo fu urlato,
lui li ringraziò con sguardo amico;
davanti all’incappucciato di cuoio
non avrebbe più pensato,
addio doloroso suo tempo antico,
ormai i suoi peccati son scritti in un foglio,
in ginocchio piegato,
aspettando che il ciel gli sia d’auspicio,
disprezzato come un animale nel mattatoio.
Come a riposare
tra le braccia di Morfeo,
chiudendo gli occhi
poggiati sul legno,
tesa la gente quando il boia è al matare
e nel colpire urla di gioia del corteo,
la tensione li ha resi dal boia amati
come tutto fosse disegno;
si dimentica il significato del peccare
ricordando solo il colpo inflitto al reo,
si gareggia tra chi ne a più ammazzati
ma vince chi della legge ne è degno.