Il Fico.
Ogn’anno al giungere dell’estate afosa
a noi che al fresco tuo ci si riposa
fico,che vecchio ti ricordo d’anni assai,
di frutto dolce non fosti avaro mai.
Delle cure avute, quasi a dispetto,
quest’anno di pregiati fichi fai difetto,
giacchè confronto non è coi passat’anni
di pene mi riempi e tant’affanni.
Ma ora che ci penso, mi ricordo,
tutto mi torna in mente or che ti guardo:
Tu pure l’anno scorso fosti fermo
e prim’ancora ti mostrasti infermo.
Qui ti lasciò mio nonno al dipartirsi
e ancor prima il bisnonno vide aprirsi
la bella chioma che tale fu per anni
che, poi, curò mio padre per trent’anni.
A loro mai donasti alcun cordoglio
ma a me, che t’accarezzo come figlio,
dal dispiacere m’hai levato il sonno
come non mai a padre, nonno e bisnonno.
Io non ho forza più di tolleranza,
da me s’è dipartita la pazienza;
ora m’appari come fossi morto
perciò toglierti voglio dal mio orto.
Con quest’arnese ch’è d’acciaio puro
ti tolgo il fiato con un colpo duro,
levoti, così, dal mio cospetto
onde non far mai più alcun dispetto.
Molto frutto,per te,questo fusto tira
e nulla feci per muovere la tua ira;
bene mi comportai sempre finora
e riconoscoti mio padrone ognora.
Per te produco, nobile signore,
nella giornata, fresco, a tutte l’ore,
dei tuoi bimbi soggiaccio a frusta e grida
ferma la mano, non renderla omicida.
La frutta la produco in abbondanza.
son sempre pronto, in ogni circostanza,
son sempre quì che sono ad aspettarti
qual è lo sbaglio, forse il troppo amarti?
Osi essere sdegnoso ed arrogante?
Dimentichi che sono alto e importante?
Tosto ti sfratto dall’orto e dal cospetto
perchè osi mancarmi di rispetto.
Con questa scura ch’è tagliente
più di quanto il tuo mordente dente
ti stendo lesto sulla nuda terra
giacchè osasti dichiararmi guerra.
No! non toccarmi con quel ferro rozzo;
se morir debbo fa che sia in un pozzo:
Mi pare a questa fine esser più degno
che se pur vecchio,tenero è il mio legno.
Per l’affanno di padre, nonno e bisnonno
rimanda la mia fine al prossim’anno;
fallo pel fresco che ti stai godendo
e per il frutto ch’ivi oggi gustando.
Taci! Scampo per te alcun non è,
schiavo sei ,io sono podestà e pure re
e fermare non posso l’omicida impulso
finchè non t’ho da mia vista espulso.
Il dolore lasciommi senza fiato
giacchè pugno violento avea sferrato
alla base del fico, della cui ombra
affidato avea in sonno le mie membra.
N. Maruca