T’amai,
prima d’esser tuo,
fu quando vidi la paura,
fuggire dentro una parola.
Seguii i tuoi passi,
orme già percorse,
figlie d’un tempo mesto,
trascorso nel vano dimenticare.
Palmo a palmo mi conducesti,
tra ghiande e fili d’erba,
imperscrutabile confine fra sogno e realtà,
orizzonte che nel tuo nome s’abbandona.
È nel chiamarti,
mia dolce Miriam,
che le montagne mi fanno passare,
e le nuvole non coprono mai il sole.