Il paradiso ritrovato
Era l’antico vetusto palazzo, da chiuse finestre consunte
attigue a plumbeo cielo velato,il cancello scuro semiaperto,
di ruggine cosparso nel ferro e da nere mura fatiscenti cinto,cui
avvinghiata penzolava folta edera solinga, e da silvestri
pini smossi da torrido vento.Sostai immaginando dame
danzar nei saloni vasti al plenilunio, coi gonfi petti imperlati
all’amor protesi.Chi fosse il possidente non seppi,l’oblio
l’avvolgeva e la solitudine e il silenzio ora pensare
m’induceva alla quiete di un cimitero,o a clausura di un
convento.
Presto fu sera,volli in fretta salir il declivio prima che
notte occultata la vista m’avesse per la campagna agreste,
ma fremendo e mirando al passo luce abbagliante vidi
giunger al mio cospetto,e tante voci cantare un ritornello
e uno stormir di foglie farsi piu intenso.Non so se Musa
d’altro tempo,o Spirito inquieto volteggiando giunse
a me sospesa,con bianche vesti fulgenti da Luna accesi,
il collo di gioielli adorno spandeva odore di lavanda,
e i serici capelli con lunghi boccoli sfiorar la fosca terra,
quando volse ai miei le sue iridi di liquido cobalto
m'avvidi quanto fosse sublime una Dea nell’illune
campo .
Che fai o mortale innanzi un cancello di perdute genti?
L’umana curiosita’ ti spinge ai misteri che l’oblio cela
su viscere parallele?
Gorgone sono e fui ,di questa dimora in cui dolor perpetuo
alberga,a consolar l’inconsolabile stridore che in essa
impreca!Qui atti di morte furon commessi,qui volge mestizia
Eterna.Sappi, una casa con una o piu’ morti dentro
giammai puo’ essere comprata dai viventi,
esser puo’ solo in prestito presa dai fantasmi che ivi
son chiusi dentro,che camminan avanti e indietro,
disperdendosi e poi riunendosi,disturbando le assi del
pavimento con cerchi confusi,occupandosi della
morte come di un giardino appassito irredento.
Rimasti per dare un fugace sguardo agli ultimi istanti
della loro Vita , il rimembrar la morte è un volto dal lato
sbagliato di una finestra bagnata, offuscata dalla pioggia,
impossibile da discernere chiaramente,nulla li incatena
al luogo in cui sono caduti,son liberi di andarsene e
volontariamente si confinano,trattenuti da ricerca per
coloro a cui amor fu dato,la vera prigione è non poter
vedere ed è cosi che frangono,nell’oscurita’ che li chiude
come un artiglio infausto .
La fronte è imperlata di sudore,gelida e pallida come
il burro freddo! Privi di corpo non hanno nulla su cui
aggrapparsi,ruotando come falene al meridiano sbattono
con grida e disperato pianto .
Stupore mi colse lesto per l’anima,e parola non
sovvenne preda al panico,lessi una scritta sul muro
dai significati diversi addossati a segnacoli.
Ella intese nell’anima lo spavento e un vacillar della
mia tiepida carne, che consolar volle con gentil carezza.
Poi dischiuse alte le mani levando una preghiera,
trasformando in oro ogni pietra,siepe o frutto sparso per la
brughiera.Disse “ Portami il sapiente che conosce il sentiero
che conduce all’Eliseo, con tutto cio’ che luccica lo
pagheremo!Divina Musa,non so di tal sentiero,
offesa non sia se nel meditare del mio intelletto
credo che oro o denaro non comprano la via che
porta al sommo Regno, solo chi è puro di cuore
Paradiso l’accoglie in grembo .
Aimè disgraziata mia sorte ,vivere in questo cupo gorgo,
landa d’anime funeste, fuggir non posso,incatenata a
dolere per immemore tempo.
Chiudi i tuoi occhi mortali,ti faro’ vedere sgomento
che turba le stanze di quel maniero astrale”. Cosi feci,
mostruose figurazioni inghiottirono ogni pensiero,
orfiche epifanie di volti spettrali nelle aurore mi
pervasero,con me i pioppi e le faune tremarono.
Mi destai freddo di rugiada,ella ardita mi avvolse e mi
diede un bacio,mai le mie labbra colsero sapore di
delizie tanto rare, nei cieli levitavo con arcano gaudio.
Aimè, qui l’anima si strugge,odo il riso schernir l’impegno
mio dalle Divinita’ del cielo,i defunti rifiutano l’ascolto,
non udranno“l’Amor Carminum”dalla mia salvifica
bocca casta. Miserere! miserere!Non avranno scampo,
Luce non accoglie chi a Tenebre volge sguardo, qui,
per tempo sterminato d’illusi incontri a congiunti vivranno!
Se per collera irrefrenabile si muore,germoglia infida
Maledizione,essa s’insedia nel luogo del trapasso,
e la furia si abbattera’ su quanti per le stanze passano.
Non entrar,ma va lontano,le apparenze ingannano.
Per troppe lune aiutar volli indarno,ma covar non fanno
che odio per vital respiro infranto.
Volare potessi nel crogiolo di casa, Primavera eterna mi attende
e il rosaio imperituro sparge per le Arcadie dolci fragranze.
Commosso piansi dal cuore lacrime, e dall’anima baleno’
una sacra vecchia frase che gli afflitti salva, e ad altri mondi
si mormora che trasla, sortilegio da un Saggio scritto, o
profezia di un Santo, presi fra le mie le sue bianche mani
e recitai quel conciso passo“ Alza lo sguardo e osserva quella
nuvola,e la luce che da lei promana e l’altre dalle stelle
intorno,la stella che il cammin mostra è la tua stella,va Musa
dispersa,entra libera al suo interno,casa ti aspetta.
Ella svani’ in un lampo, ne fui felice,a ripensarci tetro
giacché l’amavo,vissi in un solo bacio tutto l’amore esistito
in terra nell’eclissi di un abbraccio.Ogni notte la notturna volta
vado mirando,una stella piu’ delle altre brilla palpitando luce
somigliante a un saluto che fiorisce cauto.Una melodia s’ode,
rimpiango della Musa di non aver saputo l’ultraterreno
nome.