Io, fratello Dio.
Che vile inganno questa notte che porta occhi lucidi di commiato.
Il cuore scalpita ad ogni nebulosa illusione che nell'atmosfera eterea arde e muore come una stella!
le stelle nel cielo paragonabili a lucciole nel buio tra frasche di tiepide erbe selvatiche che quasi al tatto si ingentiliscono.
Ho sul viso gocce fredde di rugiada come fossi stata tutta la notte ad attender nel bosco di udir le allodole cantare per il mio dolce sentire;
dissipare il nero triste dell'anima inquieta che lì, nascosta, attende gentil l'arrivo del giorno.
Potessero le mie guance essere di rosea matrice positivista mentre guardo andar via ciò che niente mi appartiene.
Ma per vil inganno all'occhio nudo della sera, da giovin fanciullo qual'io forse in virtù fui,
chiudo a roccia quel mio cuore arido di bene per abbandonarlo all'oscuro vigore della forza bruta di Achille!
Non v'è Ofelia a carpirmi il grembo, non v'è affanno per Desdemona ch'io non sappia;
al velar del giorno io concedo un pugnale di fiori essiccati ed il guanto torbido del boia nella mano destra del Dio padre. Io sono Dio, come lo sono gl'altri uomini in egual modo;
Dio, dunque, toglie e concede come gl'uomini donano ed estirpano il bene ed il male.
E se Dio fra tanti vestiti avesse per caso la tunica dell'amore in qualche angolo risposto,
allora io, da fratello di Dio, lo estirperei nel fuoco crudele in virtù della vita.
Amare è un peccato troppo grande per chi non sa comprenderlo o temerlo o gestirlo; il vento invoca tempesta e l'uomo pietà.