L'antilope di Babilonia
Ingenuità e trasparenza,
le sue mani avide sui guanti
dei diavoli circa fuori
dalle allucinazioni dell’assenzio,
nervoso sulle tue cosce
di cui annuso i neri ricami e
il sudore nell’inguine,
appeso a un puntello il
caldo tropico e le mosche
guardo e riguardo l’anima grande
come una stanza, e i tuoi occhi
iniettati di sangue mentre
sbattono i tacchi lunghissimi
e madidi d’impronte,
ho una folla in testa
Armadio dentro, statuette lì a caso,
somigli ora più a te stessa
scavata profondamente
sono io un deformato grido
di aratro che scava in una
terra beata per poco,
tu l’antilope sfondata da
una strana tosse nell’altezza
di una notte, vita che arriva
senza danno caduta via alla fine,
spreco il tempo
tastandoti e perdendo la mia mente
inciampando, annaspando,
su di te spogliata ondulante nei
guai diafana pelle in
cui traspaiono le ossa,
apparenza ingannatrice
uccello minaccioso di roccia.