L'equilibrio del legno
Se oggi potessi ferirmi il labbroe indugiare sul non detto pensato e cercato del mai pronunciato
quando seguo la scia di sangue che scava il mento e attira lo sguardo
di un sentiero calpestato
da felci senza spore da castagni irti di ricci dal bosco di ontani ad Acquacheta
fatto di sassi ed acque illusorie
e nuvole nascoste dietro abeti centenari con maniche allungate come un kimono che investe e veste quell'angolo nascosto all'occhio
forse potrei chiamarlo cielo
se cielo fosse questo moto sereno che ruba e appaga che guizza nell'arsura di un letto secco
nessun rimprovero per questo che io chiamo tempo
non temporale ne uragano ma un lungo cammino traballante appoggiata all'equilibrio del legno e dei suoi bitorzoluti rami.
E mi allontano sul sentiero di un Italia antica
senza posto dove andare fino a tradire l'eremo che cerco dentro
chè fuori troppa gente muta il silenzio in chiasso.
Fame di riflessione e fame di altezze vere
fino alla desertica radura che non trovo solo un prato di vita e nuvole sbiadiate
tra muschi e licheni che plasmano la strada.