La morte del Poeta
Non ci credevano, la ritenevano un'assurdità,
ma venivano a saperlo da due, da tre, da tutti.
Si mettevano accanto nella fila del tempo
fermatosi di botto.
Case di mogli, di impiegati e di mercanti,
cortili, alberi, e su questi
corvi che nel vapore del sole rovente
eccitati contro le cornacchie levavan grida,
perché le stupide d'ora innanzi
non s'invischiassero nel peccato, alla malora!
Solo c'era sui volti un'umida contrazione
come nelle pieghe d'una fantasticheria strappata.
Era un giorno, un innocuo giorno, più innocuo
d'una decina di precedenti giorni tuoi.
Si affollavano, allineandosi nell'anticamera,
come se allineati li avesse il tuo sparo.
Tu dormivi, spianato il letto sulla maldicenza,
dormivi e, cessato ogni palpito, eri sereno ‐ bello,
ventiduenne, come aveva predetto il tuo tetrattico.
Tu dormivi, premendo la guancia al cuscino,
dormivi, a piene gambe, a pieni malleoli,
inserendoti di nuovo e di nuovo di colpo nella schiera delle leggende
giovanili.
Tu t'inseristi in esse con più forza
perché d'un solo balzo le avevi raggiunte.
Il tuo sparo fu simile a un Etna
in un pianoro di codardi!