Le foto che piangono
Che cosa ne è delle nostre attese
andata deluse per sempre sui
campi di battaglia della vita,
o di questi nostri timori,
capaci di tenerci svegli per anni,
salvo poi rilevarsi infondati?
Che posto occupano nei nostri
rapporti quei buchi chiaro scuri
nel tessuto dei fatti, quelle tensioni
verso il non‐ancora che sbregano
la trama degli eventi?
Le nostre foto rispondono
alla domanda rivelandoci qualcosa
di essenziale sulla natura stessa
dell'immagine, sul suo abitare una
terra di mezzo, sospesa tra realtà
e illusione, tra passato e futuro,
incerta tra la disperazione
e la speranza.
Le nostre foto piangono l'assenza
di un improbabile approccio fisico,
ma sono la prova che la loro
esistenza perdura nell'attesa
e nella speranza, e così anticipano
il nostro incontro nel tuo ritiro
nelle maree di Tavolara.
Quelle foto ci ricordano gli stati
utopici della coscienza,le nostre
segrete aspirazioni, i nostri
desideri più intimi, la perenne
attesa del contatto con i tuoi occhi,
con le tue labbra inaridite dall'ansia
dei nostri sogni, dalla disperata
evidenza di conoscerci per
suggellare la fine di un'attesa
durata trent'anni.
Ci ricordano che l'essere umano
è l'animale che spera.