Le mezze vite - Poemetto
1
De Pretore Vincenzo si arrangiava.
Viveva la sua vita alla giornata.
Figlio di padre ignoto e senza guida,
faceva il borsaiolo per campare.
Gli andava bene: vestiva anche alla moda:
il mocassino al piede, su misura,
e le camice, poi, una pittura ...
la cravatta abbinata a “petit pois”.
Viveva solo, ho detto, senza amici
senza parenti e senza compagnie,
di poca scuola, tranne che la strada.
Però era scaltro e la Legge la sapeva.
Un giorno, un suo “servizio” finì male,
(lo scippo ad una vecchia) e andò in galera;
nonostante si fosse camuffato,
la donna lo conobbe e fu “beccato”!
Era già conosciuto alla Questura,
era già avvezzo alla condizionale.
Così si fece Pasqua e anche Natale
a meditare dentro alla prigione.
Quando tutto passò, era deciso e certo:
“Più non mi nomo Vincenzo De Pretore
se anch’io non trovo un santo protettore
e dev’essere un santo assai potente,
che mi protegge qui e nell’al di là!”
Così, chi cerca trova, e pensa pensa,
si scelse un santo di grande importanza:
uno “tosto": perfetto, all’incombenza.
Padre del buon Gesù, marito alla Madonna,
parente di Sant’Anna e San Gioacchino:
“Chi meglio può proteggermi a puntino?
chi più di San Giuseppe mi può offrire?”
Rubava, sì, ma dopo, ne comprava immaginette!
Accendeva candele a ogni reato:
si sentiva protetto, felice e fortunato ...
tanto, si sa: “Giuseppe” ci pensava!
E come si agitava il 19, giorno di San Giuseppe,
protettore ... era tutta una festa nel quartiere
Nessuno lo fermava, nemmeno il Brigadiere,
non c’era forza che lo tratteneva.
Vivendo in questo modo, si capisce,
anche se ti protegge il Padreterno,
qualcuno esisterà, pure all’inferno,
qualcosa storto pur dovrà avvenire...
A piazza Municipio, una mattina,
sfilava il portafoglio ad un signore,
ma l’altro, lesto, ferma a De Pretore
e gliele suona con abilità.
Lo blocca tra le macchine, non molla,
e dopo avergli rotto la mascella
non reprime la rabbia, s’arma e spara...
ed è finita per il malfattore,
s’affloscia a terra, Vincenzo De Pretore!
“E’ morto... e’ morto!”; “No, respira ancora!”
Chi grida e chi l’aiuta ... confusione!
Lo portano di corsa all’ospedale.
Stordito, senza forze, De Pretore,
la mano nella mano a un infermiera,
il viso d’un dottor ... cattivo odore ...
perdendo i sensi, passa all’al di là.
2
A piedi nudi, solo una vestaglia,
se ne sta De Pretore, bianco bianco,
in effetti sembrava un poco strano:
è la prassi e le anime, si vestono così!
Per niente spaventato, allegramente,
si ferma sul portone di un Palazzo,
sposta decisamente il maniglione
poi sbatte con la forza, per chiamare.
Da uno sportello posto sul portone
un faccione simpatico s’affaccia,
lo squadra e poi, solenne, gli domanda:
nome, cognome, patria e qualità!
“E a chi volete?” “Voglio a San Giuseppe!”
“Ma siete atteso ... siete conosciuto?”
“Ma certamente ... io sono benvoluto,
ed è per Lui, che son salito quà!”
“Allora avete già un appuntamento?”
“Penso di si! Voi ditegli soltanto: c’è De Pretore,
quello che vi ha incaricato protettore:
ora che è morto, come deve agire?”
Si chiuse lo sportello. De Pretore
sentì lo scalpiccio che s’allontana,
ma, poco dopo, più svelto e risoluto,
il suono del cammino, torna la.
Di nuovo lo sportello venne aperto
ma l’omone, stavolta, era più mesto:
“Mi spiace, De Pretore, sei in errore,
San Giuseppe ha risposto: “E allora?
Se è morto se ne stesse al cimitero!
Chi lo conosce a questo De Pretore?”
San Giuseppe parlava col Signore,
che pure ha detto: “Non ci disturbare!”
Vincenzo a sentir questo fu turbato,
poi si riprese e disse: “E’ malafede!
Se lo racconto la gente non ci crede:
ma le candele ed i fiori li ha graditi!
E’ meglio che ci torni, glielo dici:
io di qua non mi muovo, son deciso!
Se non entro e rimango in Paradiso
mi sentiranno fino all’al di là!”
Passò del tempo, poi, dopo mezz’ora,
grave e solenne, la porta venne aperta
e dal rumore forte che faceva,
il cor si strinse in petto al poveretto.
Quando fu totalmente spalancato
lui vide San Giuseppe, che scendeva
una scala dorata, e poi diceva:
“Ma, questo De Pretore, chi sarà?”
E De Pretore, fattosi coraggio,
gli si parò d’innanzi a mano tesa:
“Son De Pretore, figlio di Teresa!
M’hanno sparato poco tempo fa”.
“T’hanno sparato? Povero ragazzo!
Chi cuore così duro ha dimostrato?”
“Ma come, non sapete proprio niente?
Ma in Paradiso che ci state a far?
Eppure vi riguarda pure a voi,
è pure colpa vostra se son morto!
Io rubavo tranquillo, senza tema,
fidando sulla vostra protezione...”
“Ma allora tu sei morto: ma da ladro?”
“Ma no, adesso che son morto sono onesto:
quando uno è vivo e ruba, lesto lesto,
non lo fa per morire: vuol campare!”
“Giusto!” rispose allora San Giuseppe
“però, vedi, quassù, il ragionamento
non fila e non ti cambia, immantinente,
la Legge, ormai vigente, che ci sta!
Chi in vita ruba è ladro certamente
e dopo morto ancora si sospetta;
se ad ogni ladro fosse perdonato
poi nell’Inferno chi ci vien cacciato?”
De Pretore, confuso: “ E che ne so?
Io non posso capir tutte le Leggi:
se a uno San Giuseppe lo protegge,
è San Giuseppe che deve provveder!”
“Innanzitutto” precisava il Santo
“se tu la protezione m’hai cercato,
hai fatto tutto solo; hai improvvisato:
io non posso saperlo e nulla devo!”
“Veramente? E le mille immaginette
con la fotografia, tutta a colori?
A volte, lo sapete, ho chiesto aiuto
per quanto vi spendevo di candele?
Adesso, voi mi dite: “C’è la Legge...
il ladro è ladro e sempre lo rimane!”
A me, se non mi avessero sparato,
sarei morto di fame, mio signore!
Adesso, per favore, niente storie:
parlate in confidenza col Signore
ditegli: Vincenzo De Pretore
è mio protetto e qua deve restare!”
“E se mi dice no?” “Peggio per voi,
perché vuol dir che non contate niente.
Per tutto ciò che ho speso, stringo i denti,
ma siete voi che ci perdete in dignità!”
San Giuseppe, confuso e titubante,
s’incamminò verso la lunga scala,
poi si trovò, dinanzi al suo Signore,
tenendo gli occhi bassi, vergognoso.
“Giuseppe, cosa c’è?” “Caro Maestro,
non so come si è svolto un certo fatto.
Ora, però, mi sento sconcertato,
non so nemmeno come cominciare...
Qui fuori ci sta un ladro, appena morto,
ha nome di Vincenzo De Pretore,
in vita lui mi elesse a protettore
e adesso, giustamente, vuole entrare...”
“Senti, Giuseppe, hai perso il senno forse?
Non solo è un ladro, e tu lo scusi pure,
poi dici: “giustamente”... ma sei folle?
T’ha preso la vecchiaia, amico mio...”
“Che c’entra adesso l’età veneranda
non siete vecchio e canuto pure Voi?
Anzi, se proprio volessimo parlare ...
Comunque, è una questione di prestigio!
De Pretore rubava, questo è certo
ed è morto ammazzato pel suo vizio.
Era fissato lui e la “protezione”,
m’accendeva candele ... ora che faccio?
Vado fuori è gli dico: Non c’è niente!
Qua dentro conta solo il Padreterno
c’è la Legge antica e vattene all’Inferno,
perché la protezione non ci sta?
Se Voi ve la sentite, fatela ‘sta figura
io proprio non ci tengo, anzi, mo ve lo dico:
vi resto devotissimo, rimango pure amico,
però io vi saluto e cerco dove andare.”
Allora il Padre disse: “Quella è la porta!
Però pensaci bene, attentamente,
perché se poi ti penti, irriverente,
la porta è chiusa e tale rimarrà!”
Col bastone fiorito, lemme lemme,
San Giuseppe, non fece neanche un cenno,
lasciava il posto suo, nel Paradiso,
a testa china e senza tentennare.
Allora la Madonna, che nulla aveva detto,
lenta, dal seggio suo, anch’ella s’alza
e poi, con riverenza, all’uscita s’avvia:
“Cos’altro potrei fare? Giuseppe è mio marito
come lo lascio solo proprio adesso?
E’ mio dover seguirlo ovunque vada,
sono sua moglie e seguo la sua strada.
Una moglie fedele, questo fa.”
Allora disse Cristo: “E io cosa faccio?
Io sono il figlio, li lascio andar via?
Specialmente mia madre se ne muore...
Io me ne vado con mammà e papà!”
Allora anche Sant’Anna fe’ cenno a San Gioacchino,
poi San Giovanni, compare del Signore,
infine Gabriele, l’angelo annunciatore...
anche lui, come gli altri, se ne andò.
Allora Dio s’alzò dal grosso scanno
e gridò: “Fermi tutti! Dove andate?
Se veramente tutti ve ne uscite,
il Paradiso che diventerà?”
Restò sospesa tutta la Famiglia
tese l’orecchio al motto del Signore:
“Va bene, fate entrare a De Pretore,
almeno per capir cosa pretende.”
Lo fecero passare: “Vieni avanti,
tu ti chiami Vincenzo?” “Sissignore!”
“E di cognome?” “Faccio De Pretore”
“Tuo padre?” “No, De pretore fu mammà!”
“E questo che vuol dir?” “Di padre ignoto.”
“Non capisco: ma ignoto di che cosa?”
“Vedete, quando sulla Terra non ci si sposa
i figli han solo il nome di mammà!”
“Ma i figli sono figli!” “Niente affatto,
Voi vi credete che son tutti uguali
ma i figli, senza padre, so’ illegali
e da grandi s’arrangiano a campare.”
Iddio, che tutto vede e che conosce,
aveva inteso bene il suo racconto:
“Ecco perché sei stato poco onesto?”
“Era per fame, che potevo fare?
Non c’era un padre che ti manda a scuola;
vivendo abbandonato per la via
facevo tutto e sol di testa mia
e, alla fine, si sbaglia: già si sa.
E, sapete, son milioni quelli
che, pure di non perdere la faccia,
quando il bambino ancora non è nato,
gli spengono la vita nella pancia.
Se li uccidono in grembo, gli innocenti,
senza pietà, tra chiacchiere e battute.
Parenti e amici ... sanno e non sanno niente:
così si fa sparir la verità!
Ma, veramente, Dio, che fine fanno
i bimbi uccisi prima d’esser nati?
Vengono in Paradiso? Ma non sanno ...
e Voi non gli spiegate come va?”
Calò, pietoso, un brevissimo silenzio,
poi Iddio s’alzò, con tutta la pazienza,
con voce ferma disse all’assemblea:
“Questo napoletano ... può restare!”
Poi chiamò a se il medico, San Ciro:
“Hai sentito il fatto dei bambini?”
“Ebbene sì, l’ho inteso, mio Signore,
non c’è più posto neppure in Paradiso.
Arrivano a decine, i piccoletti,
son tanti che io pure ero perplesso:
“Ma il mio Signore che progetto segue?
Di questi mezzi bimbi ... che ne fa?
Le testoline grosse, un poco a pera,
i ditini attaccati e gli occhi chiusi:
sembrano dei vecchietti, pensierosi,
che meditano sul mondo e sull’umanità.
C’ho passato le notti appresso a loro,
per medicar le spalle piccoline...
Ne ho spalmato di unguento e di pomata,
niente: le ali non gli possono spuntar.”
Allora disse Dio: “ E non fa niente!
Non voleranno mai questi angioletti,
che fa? Sono talmente piccolini,
me li porto con me a passeggiare.
Adesso tutti a letto e poi domani
vi sveglierete presto, alla buon’ora,
insegnate a Vincenzo De Pretore,
in Paradiso come ci si sta!”
I Santi un po’ tra il serio ed il faceto
si ritirarono, masticando amaro,
e un po’ perplessi poi si coricarono:
“E pur sempre un ladruncolo” pensarono.
3
Nostro Signore, a sera, è abituato
a sentire cantati i più bei Salmi
ma quella notte tutti lì tacevano,
nemmeno una parola si sentì.
E, con il fiuto attento, il Padreterno
intuì fin troppo bene il malcontento,
non chiuse l’occhio tutta la nottata
pensando a cosa dire ai suoi compagni.
Infatti, il giorno dopo, chiamò tutti
e disse lor: “Capisco il malumore,
a voi vi fa paura il De Pretore...
perché fu ladro e potrebbe rubare!
Suvvia, tranquilli, ne rispondo Io.
Quassù perciò si chiama: Paradiso!
Letto sicuro e pane ben diviso...
perché rubare, se ti spetta già?”
I Santi, si guardarono tra loro,
sereni, cominciarono a cantare,
sembrava l’atmosfera del Natale...
per De Pretore: che felicità!
Poi, lentamente, tutto questo coro
e il canto celestiale inver si spense,
Vincenzo De Pretore allora intese
di nuovo la stanchezza ed il dolore.
4
Ed ecco delle voci più normali,
che dicevano: “Fatelo dormire.”
“Ripiglia il polso, ma non può capire!”
“Complimenti dottore ... se ne va?”
E, schiusi gli occhi, gli parve di vedere
una figura adulta con un foglio,
si informava, stringendosi una penna,
se il poveretto poteva interrogare.
Una voce rispose: “Con prudenza!”
“Tu ti chiami Vincenzo?” “Sissignore!”
“E di cognome?” “Faccio De Pretore!”
“Tuo padre?” “Ma come... ve l’ho detto poco fa... “
Qualcuno disse: “Su fatevi coraggio,
cercate di rispondere al signore.”
“Ma sì... mi ha già concesso l’alto onore,
lui solo mi poteva perdonare.
Gli ho detto tutto, il vizio di rubare,
e che proprio per questo m’hanno ucciso.
Fatemi rimanere in Paradiso,
me l’ha promesso ... fatemi restar.”
Credendo di parlare col Signore,
chiuse gli occhi per sempre De Pretore.
FINE
Liberamente tratto da: De Pretore V. di E. de Filippo.