Manichino
Una voce “da reading” che vive dentro di me
ha detto che non sarei mai stata una brava attrice:
non si sbagliava, con lui non ho mai saputo fingere.
Ma la vita è crudele maestra.
Conto i baci che non vorrei dare
e gli orgasmi simulati in non voluti amplessi
che ogni volta mi strappano via un pezzo di anima.
Ogni carezza è un taglio sul mio corpo venduto al destino,
ogni falso sorriso un passo avanti verso la fine.
Chi mi dorme accanto non sa il dolore di dover fingere,
l’amarezza di ripetere suoni comuni e frasi simili,
come litania che accompagna lenta la salma,
impaziente di vederla sepolta per potersi finalmente fermare.
Vivo al buio ripensando a te,
ma questa volta i miei occhi non sono avvolti dalla seta,
bensì ciechi dalla rabbia e dalle lacrime,
che soffoco insieme ai singhiozzi su lenzuola complici di quello scempio.
Non è bastato l’amore per un uomo inevitabile,
neanche quando è diventato un malato condannato a morte,
a restituirmi la vita.
Manichino nelle mani di nessuno,
chi muove i miei fili ormai è solo l’odio che non riesco a provare per chi non amo più,
e l’amore per chi inevitabilmente amo.
Agonizzo, avvelenata, da un giorno all’altro,
nella paura di non riuscire a sapere dire addio.