Migranti
Nulla par essersi nei secoli mutato
del triste lor peregrinar destino
di genti tante del consorzio umano:
erravano nell’arido deserto un tempo
quei figli miseri del già un dì errante
Abramo al cercar della promessa terra
altre par utopiche speranze spingon
oggi di nuovo a lasciar quell’antica terra
le siriane genti a varcar le serbo danubiane
sponde, premevan e nel tempo premon
indios meticci messicani altro ostil deserto
a un passo lì quell’eldorado americano,
e partivano un tempo i bastimenti nostri
affollati di terza classe miseri lunghi treni
terre campane aostan venete lombarde
piemontesi tosco liguri furlane sicule
sarde calabre lucane pugliesi umbro
marchigiane e emiliane romagnole infino
tra pianti tanti e lacrime lasciate e quel
loro vagar poi senza del doman certezza,
pur altre sponde altri o stessi continenti
genti irlandesi curde polacche e tante così via,
oggi son insicur gommoni barconi dal rotto
fetido legname che spingono a cercar qui
da noi fortuna sfidan altri navigli poi non più
sicuri l’alte profonde infide acque indiane
non nera scura bianca rossa gialla è la pelle
ma stessa la speranza di vita miglior nuova
tanto e tanto lontan da patria e casa: che
par nel tempo non cedere all’oblio al ricordo
migrante questa parola cupa tanto triste
ha soffrir perché e sempre patir povera parte
tra la tanto felice e tanta dell’umana gente?