MONOLOGO DI UN CLOWN
Anche questa sera è andata in scena
l'ennesima farsa,
sono sfinito, sono assonnato,
sono dal mondo tristemente logorato.
Adesso mi strucco,
mi lavo la faccia e porto via tutto,
anche quel sogno che avevo
messo da parte dentro il cappello.
Quale dei tanti? Quello che trovai
nel vento e che sotto la pioggia
mi fece da ombrello.
Perché restare da soli a fine spettacolo?
Perché lasciare che gli altri si tingano
dell'argento della mia luna,
che avevo lasciato nel cielo
di una mia favola lontana?
Questa giornata mi ha chiesto molto,
mi ha chiesto di sorridere,
mentre il mio pianto era quasi pronto
per essere liberato, poi, ho trattenuto
le lacrime nel mio sguardo d'amore incompreso,
compreso da chi si ricorda ancora il mio nome,
nel mio sguardo vive chi mi è alleato
e vive anche una vita nascosta,
una vita onirica, parallela, forse, inconscia
da cui provengono embrioni di stelle,
germogli di pensiero,
parole che scrivo come carezze
o come un grido distante
che arriva ad essere lampo e tuono
di tempeste.
Ora voglio dormire in questa notte
di strano silenzio, accentuato
dal ticchettio di un vecchio orologio,
ora voglio portare nei miei sogni notturni
un sorriso sincero e trovare un fuoco dorato
nelle profondità di un buco nero,
quello che prima era una stella,
quello che adesso chiamano oblio
su questa terra.
Forse, lì dentro ci sono memorie
di chi ha perso l'amore,
forse, in quel buco nero
ci sono migliaia di maschere
e c'è anche la maschera di ogni mio simile,
di ogni pagliaccio che voleva coprirsi
e restare segreto,
che come me
ha gli occhi dipinti
e che indossa il dolore con abiti buffi.
Il mio respiro diventa
una bolla di sapone che vola,
dove è racchiusa la magia della vita
e dell'essenza che cerca di essere infinita.