Noi che sfidammo la notte
Noi che sfidammo la notte
Navigammo verso orizzonti inauditi
noi che sfidammo la notte
in attesa della sua fine imminente
certi che la nuova alba a picco sulla vita
fosse il primo cenno
di luce sul mondo.
Ci svegliammo come in un giorno qualunque
e vedemmo giovani entusiasti
scambiati quasi per messi celesti
scrivere daccapo la storia
squarciando di meraviglia la cortina del cielo.
E fu giorno, abbacinante giorno
al di là di ogni immaginare
e parve che dal nulla volasse
una carezza, un sussurro a disperdere
le foglie, nel segno
di una presenza sconosciuta
di coloro che per l’Impero
era come se non fossero mai nati.
Fine della storia, tramonto delle tenebre
parole pronunciate al crepuscolo
di un secolo spietato e un urlo
immenso, che sale da dentro
in un orgia di sofferta libertà.
Come il mare quando vomita i suoi ospiti
e riprende il suo viaggio eterno
la storia ha issato le reti
libera dal superfluo che la ingombra.
E noi qui muti alla finestra
con più rughe e molto disincanto
ad assecondare il compiersi del giorno
persuasi che ogni ‘89
sconta sempre il proprio Termidoro.
Dunque vivere fu questo
assistere all’eclissi dell’aurora
passare impotenti
da un permanente teatro dei sospetti
ad un labirinto tecno paranoico?
Fu sapere che i muri più coriacei
sono impressi sulle nostre ombre
tra noi e quell’essenza remota
che si chiama Europa?
La sentenza attende il suo verdetto
purché si faccia in fretta:
l’imputato è ormai moribondo.