PAESE MIO
Paese mio
Qui sento sempre suonar
campane a morto.
I toni non sono mai gioiosi,
i cuori dei giovani son mesti;
la gente sorride spesso a forza,
celando ciò che sente veramente.
Paese mio,
qui il passaggio é rapido,
sperare é vano ed anche poco saggio.
Tanti del tutto un po' non hanno,
così a malincuore se ne vanno;
un po' del tutto ad ognuno toccherebbe,
magari sol perché qui nacque e crebbe.
Qui i leoni fan la loro parte,
tenendo i più deboli in disparte.
Paese mio,
ma chi sono i leoni,così forti,
e i deboli dai cervelli corti?
Come colui che sa che dire nuoce,
mesto mi rispose a bassa voce:
"I primi son politicanti e mafiosi,
nonché furbi clericali verniciati,
che insieme han gli ordini corrosi,
i secondi sono onesti cittadini,
che vengono dai primi raggirati
con false promesse ed occhiolini".
Inchinatevi,o falsi re,ai vostri servi,
implorate,pentiti,il lor perdono,
ridate tutto quanto a lor sottratto,
perché possano lenire i loro stenti
e rendere lieti i lor pensieri foschi.
Un uomo muore,perché così vuol l'altro,
credendosi più uomo,perché scaltro.
Un uomo piange e se non ha speranza
sarà assoldato dalla delinquenza,
arrecando così un grave danno
anche a chi siede nello scanno.
Paese mio,
di nero parata vedo la tua piazza,
camera ardente,
in cui s'attende il morto,
circondata da vecchi ceri spenti,
perché le giovani candele
sono ai venti.
Gino Ragusa Di Romano
Da " Accenti d'amore e di sdegno "
Pellegrini Editore ‐ Cosenza 2004