Per sapere di te
Per sapere di te,
attaccato a un telefono di assurde
follie, nella scorciata penombra
di una stanza senza piu' un
filo di voce, sguarnita gola
inabissata che ha mendicato amore.
Questo tempo fatto acqua
ho dentro, frantumata anima
In pietra da lama ferina
di sole. Qui ci troviamo senza
illusione, nel niente che si tocca
come un vetro o una tazza
incolore. Il mio cuore declina
al ricordo di te, magra è diafana
come un fantasma che la folata
autunna si porta, secca come un
osso di seppia tarlata sull'arida
sabbia.
Non rispondevi mai femmina
in melanconie dispersa, mai,
dissociato volto nella nebbia,
nessun segno, una mezza parola, niente,
nemmeno uno scarabocchio
di lettera.
Seguivo te, sotto l'acquazzone
con l'ombrello sfasciato,
fradicio come la spugna bucata
di questo secolo che macina vite
senza guardarle in volto,
affamato d'aurore
seguivo te, sperando avessi
aperto dell'anima le porte.
Non hai mai amato le rose,
ne te ne diedi, tu forse amavi
i tuoi orecchini e il tuo dolore.
Eri tu quel sole all'orizzonte
che il mal tempo arrugginisce
svuotato di calore.
Non corre una lacrima di vento,
ma batte la pioggia sui cortili
di adoloscenze svanite, a cancellare
l'ultima parola scritta sui muri graffiati
da un'acqua sonora .Erano le tue parole,
erano le mie parole cancellate ora.
Mi stringo forte il ricordo di te,
da dentro una canzone di parlo,
ci amammo poco ma ci amammo?
Con le mie labbra
di legno e sbiancati petali le tue
insapori, possedendo i nostri corpi per
riempire i giorni e strozzare il tedio, i vuoti,
dire ch'eri bella era dire poco
e gemevi il piacere per finta,
fischiando come a lenire
la bugia di vivere, la menzogna
del mondo scrollando e ci riuscivi.
Su pietra seduto, qui mi parla di te tutto,
perche' hai imbrattato ogni cosa
e non va più via, qui i tuoi odori sbattono
incatenati, come quando su me
tempestosa muovevi il mio grido di martelli,
e la tua pelle diventava una fiamma
rosa. Il presente non seppi bene, divenuto passato lo
colgo, sento fra queste speranzose selci
che mi hai amato troppo. Sono qui, solo col tavolo
davanti e i piatti lasciati al futuro, spruzzato da
romantiche lune, sorrido,
vado spettinato figlio delle fortune,
con tutto dietro andato, e una voce che dice sempre che il passato è passato.