Pietruzze colorate

Negli ardenti pomeriggi che il sole lo bruciava, il mare,
e le sabbie incandescenti vestivano di beige i sassi,
io non guardavo l’onda, come accadeva all'alba,
non sbirciavo, tra i riflessi, pesci in vena di specchiarsi.

Non tastavo con i piedi l’alta roccia del fondale.
Non m’immaginavo Ulisse, come accadeva all'alba.
Me n’andavo a testa china, sugli alti zoccoli di legno,
coi pensieri dei miei anni a seguire curve d’acqua.

Poi, al primo luccichio, circoscritto era il mio il regno.
Genuflesso e speranzoso, io cercavo le pietruzze colorate.
Senza alzar granelli a iosa, sotto l’afa degli agosti bruzi,
esigevo quelle più capaci d’arricchire lontanissimi sultani.

Pretendevo le brillanti per poi accettare anche le strane
o, almeno, quelle meno opache quando l’onda le lasciava.
Messe in tasca ad una ad una, costruivo arcobaleni
da vuotare poi, a sera, sopra il marmo della mia cucina.

Quanto male mi facevo, sui ginocchi ore ed ore,
nella presa dei colori, di qualcosa che segreto più non era.
Che silenzio, colmo d’incalzanti fantasie novelle,
in quel metro quadro del sogno, dell’unico allora possibile!



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Stesura anno 2006 ‐ Tratta da “Appena finirà di piovere” (Global Press Italia – 06/2010 – Prefazione di Angela Ambrosoli) – Poesia finalista al Premio Firenze 2007 – Pubblicata dal Mensile di cultura Il Saggio (11/2011)