Placido, 'l mare

Placido, 'l mare,
assorto nel torpor or apparente,
in quel d'estate...
Par ignorar la gente.
Dal vento, sì desiato e sì gentile,
si lasci'accarezzare.

Discontinuo,
l'alitar lo sorvola e lo sfiora,
assai fugace,
in quell'ore da bollore
ed esso, per diletto,
a increspar l'acqua s'appresta,
sobilland'onde delicate,
avanzanti, frementi, a lambir l'assolata sabbia,
onde riversarvisi dentro,
all'uopo di morirv'in spuma bianca,
sapienti del rinascer e poi rinascer in perpetuo,
atto a tornar al proprio acquoso padre.

Placido, 'l mare
e placide le membra sotto 'l sole,
sulla battigia fattas'infuocata.
All'acqua di risacca, appena nata,
poni voglia di freschezza,
nell'impellente desio di refrigerio da calura,
corroborante l'energia testé calante.
Bagnato,
l'arenile disseta la tua sete,
nel mentre ch'il rumor, ognor cantilenante,
or dolce sciacquio, savio a pregnar l'udito,
conduce all'assorbente ment'eccelse sfumature.

Tal contesto, fattosi vibrante
sott'il flebil caldo sussurro dell'estivo vento,
riporta alfin un univoco soave cantico,
'l qual, protraendosi,
benevolmente accoglie l'imbrunir imminente.