Pupa

E dei sinceri giochi di bambini
fummo e lei e io ingenui compagni
così crescemmo un poco birichini
tra i campi, a nascondino tra i castagni.

Quando cresciuti, un poco, più grandetti
ci ritrovammo a scuola, fanciulletti,
poi giovinetti ancora tre anni fummo
e  altri cinque poi assieme viaggiammo.

Così finisce lei ciclo di studio
mentr’io m’avvio in verso l’ateneo,
gode ella del lavoro già il preludio
ignara dal sapere ch’avrà gran neo.

E sposa e va più in là, oltre confine,
rigonfio cuore di speranza e amore,
animo sincero, gentile e fine
lungi pensar di perdere l’onore.

Ma l’uomo ch’à, di pietra tiene cuore
ch’appen che luce vede primo fiore
con la minaccia a lei la strada impone
dopo strenua lotta ed aspra tenzone.

Così la trovo là, in ginocchione
smunta da duol, piangenti gl’occhi,
racconta lesta sua maledizione,
m’affida per sua bimba due balocchi.

Domani non sarò, figliola cara,
deposta giacerò nella mia bara
ma veglierò su te dal Paradiso
onde i miei pianti sian per te sorriso.

Aspetta, Pupa mia, teco son pur’ io,
aspetta qui, un poco, il mio ritorno
che certo mi ha mandato il gran buon Dio,
vedrai, doman sarà diverso giorno.

Quando che fui coi militi di torno
stesa la ritrovai immersa a sangue,
nel biglietto è scritto: Il cuore langue,
meglio l’onore, figlia, che l’inferno.

Potrai guardare dritto negli altrui occhi
ch’ onor per frutto lascio e  due balocchi.