QUattro Cento Trentacinque
A mezzogiorno uno straccio di foglia plana sul cavo della stenditura , teso intestino e trasparente , budella a giorno , teca votiva a cui accorrono le stoffe credenti. Il cencio di venature ormai marce, e' embolo di clorofilla e sformato a cui l'investigatore più attento non indovinerà il pedigree o l'araldica foggia che la faccia figlia di tiglio od orfana di frassino. Piagata lingua asfittica e genuflessa, spera di rinverdire fra tunnel di calzini grondanti e costoni di maniche a rischio frana. Come una trapezista artritica , immobile attende un uncino di vento a favore di schiena. Ma il compagno e' infedele e gonfiati i muscoli , l'afferra sgarbato. Lei, aggrappandosi, e' sputata lontano . Rachitica e sola, frantumandosi, muore per la seconda volta nel frontale con una suola. Cenere senza fuoco, poltiglia a cui non testeranno il DNA per scoprire tracce ematiche della giumenta di rami a cui era in sella.