Quando indosso le tue mani
Adoro annuire con la colonna vertebrale,
osservare la pentecoste impressa nei tuoi occhi,
apoteosi per il mio sistema piramidale.
Adoro leccarmi le ferite bagnate dal tuo sangue,
espormi con la lingua alle crepe create dai silenzi,
simbolo di solitudine che ogni notte incombe.
Adoro crogiolarmi alla mancanza di presenza,
trasformarla in ore di ricordi
maturati da non più di dieci sguardi.
Adoro immaginare di aver perso l'occasione,
eritema che mi leva da un disagio immobile,
falco catapultato verso l'aquilone.
Adoro la contraddittoria saggezza del Papalagi,
perdermi a contare la prosperità dei tuoi capelli,
confondermi tra miriadi di cani, presunti randagi.
Ma è quando indosso le tue mani
che svaniscono tormento e impaccio,
in quel calore a sciogliere ciò che ci separa;
ragnatele di ghiaccio.