Quattro Cento Cinquantadue

Il feto stava uscendo, già con l'ombrello
ed il nome del proprietario appuntato
sulla marsina, irsuto al punto giusto
e guarnito sul cuoio di una chioma
possente. O forse glabro e con
boccoli e bocca d'arancio, con la matrice
del mondo proprio là sotto fra le tenere
gambette rosate. Eppure tutti ne avevano
già visto la voce, sentito la testa spingere,
molle ariete già pavimentato, solleticato
le piante dei piedi con gli occhi appuntiti
d'attesa. Ma poi ecco che è rincasato,
svestito di gran premura, rimesso al
suo posto, ricacciato dentro, rinchiuso e
rimandato. Non è stagione per il suo
pianto, non c'è calpestio per il
suo carponare. Verrà, verrà il tempo
della divaricazione, del vagito dopo
lo sforzo.Non oggi, non adesso:
a volte un pigolio di voglia non
basta ad impolpare di cielo le ali.